Sono cinquecento anni
che la sifilide e' arrivata in Europa, eppure in Italia non e' debellata e con
la gonorrea e' buona compagna di altre malattie veneree emergenti. E sulla
frequenza di queste forme l' Istituto Superiore di Sanita' e' oggi in grado di
fornire dati precisi. Le piu' diffuse? I condilomi e le infezioni dell' uretra
Sono cinquecento anni che la sifilide e' arrivata in Europa, eppure in
Italia non e' debellata e con la gonorrea e' buona compagna di altre malattie
veneree emergenti. E sulla frequenza di queste forme l' Istituto Superiore di
Sanita' e' oggi in grado di fornire dati precisi. Le piu' diffuse? I condilomi
e le infezioni dell' uretra. Nel 1495, proprio cinquecento anni fa, andava
diffondendosi con grande rapidita' in Europa una malattia nuova e sconosciuta
che un cronista dell' epoca, il tedesco Cuntz Merschwin, descriveva come
"un flagello, un' epidemia generale... tale che le persone si coprono di
grandi vesciche, pustole e ascessi su tutto il corpo". La malattia
iniziava generalmente dalle parti intime delle donne e degli uomini ed era
terribilmente contagiosa; non c' era nulla da fare e occorreva lasciar passare
il tempo perche' durava otto mesi o piu' a lungo. Molti ne morivano. L' epidemia.
Fin dalla sua prima apparizione, e' chiaro, quindi, che si tratta di una
malattia a trasmissione sessuale, o "venerea", come si usava dire.
Dilaga ovunque con virulenza, non ha barriere di classe sociale, di Paese e di
razza e assume aspetti di estrema gravita' , sia perche' gli organismi sono del
tutto impreparati all' infezione, sia perche' non si conosce alcuna terapia
valida. Si calcola che poco piu' di un trentennio dopo, nel 1527 (l' anno del
"sacco di Roma"), il "male del secolo" abbia ucciso in
Europa circa 20 milioni di persone. La malattia resta senza nome per ben 35
anni, finche' nel 1530 viene battezzata "sifilide" dal medico
italiano Girolamo Fracastoro, al quale andra' poi il merito di essere stato il
primo a sostenere che questa, come altre malattie contagiose, e' causata da
seminaria, quelli che oggi chiamiamo batteri e virus. Ma da dove e' partito il
flagello? Secondo molti cronisti e studiosi dell' epoca, il primo focolaio di
sifilide nacque nel 1494 a Napoli e poi le truppe di Carlo VIII "esportarono"
la malattia in Francia (lo stesso re ne mori' nel 1497); secondo altri furono,
invece, i soldati francesi a portarla a Napoli. Percio' i francesi la
chiamarano "mal napoletano" e gli italiani "mal francese".
L' origine. In realta' , la sua provenienza non e' europea: oggi viene messa in
relazione con il ritorno a Lisbona (il 4 marzo 1492), dal primo viaggio di
esplorazione delle "Indie occidentali", di Cristoforo Colombo e dei
suoi marinai. Il medico spagnolo Ruy Diaz de l' Isla, uno dei migliori del suo
tempo, affermo' di aver curato parecchi marinai della prima spedizione di
Colombo colpiti da una "serpigine corrosiva dei genitali con
bubboni", contratta da rapporti sessuali con donne indigene durante il
loro soggiorno sull' isola Hispaniola (Haiti). Alcuni storici moderni hanno
contestato l' origine americana della sifilide, sostenendo che essa esisteva
gia' in Europa in forma attenuata e si scateno' d' improvviso sia per cause
biologiche (maggiore virulenza), sia sociali (maggiore promiscuita' sessuale),
ma oggi prevale l' opinione che questa malattia sia stata il primo e il piu'
sgradito "regalo" che l' America fece all' Europa. Regalo che l'
Europa ricambio' decuplicato con malattie infettive come il vaiolo, il
morbillo, la difterite, che fecero una vera e propria strage fra le popolazioni
indigene del Nuovo Continente. Ma la sifilide, pur provocando una grande
"moria" fra uomini e donne, freno' ben poco (come oggi l' Aids) il
loro bisogno di accoppiarsi e non incise in modo evidente sull' andamento
demografico cinquecentesco. Dopo quasi un secolo di impatto catastrofico sulla
popolazione europea, la sifilide assunse un aspetto meno grave "con il
modificarsi nel tempo dei rapporti tra la virulenza del morbo e le resistenze
degli organismi" scrive lo storico della medicina Giorgio Cosmacini
"la malattia tende, oltre che a definirsi, a presentarsi endemica,
anziche' epidemica, e a decorrere cronica, anziche' acuta e spesso rapidamente
mortale. Lentamente, gli organismi imparano a difendersi, i medici imparano a
capire". (La medicina e la sua storia, Rizzoli). I primi rimedi. Per la
cura della sifilide prevalse inizialmente l' impiego del guaiaco e del
mercurio. Il guaiaco o "legno santo" e' un albero dell' America
centrale la cui raspatura decotta, usata come panacea dagli indigeni, venne
ritenuta un rimedio infallibile contro la sifilide, secondo l' idea dell' epoca
che "l' antidoto si trova sempre la' dove nasce il veleno". In Europa
la fortuna del guaiaco comincio' dopo il 1520. Il mercurio invece, al quale si
era fatto ricorso gia' prima, fin dall' apparizione della malattia, veniva
somministrato soprattutto per via esterna mediante unguenti oppure fumigazioni
con i malati rinchiusi in botti o stufe da cui emergeva solo il capo. Dopo
lunghe controversie si riconobbe che il guaiaco e' inefficace, mentre il
mercurio continuo' a essere largamente in uso, come pressoche' l' unico
rimedio, fino all' inizio del nostro secolo. La sifilide resta cosi' un male
inguaribile fino al 1910, quando il tedesco Paul Ehrlich scopre il Salvarsan,
capostipite degli arsenobenzoli, ma soprattutto fino all' avvento, nei primi
anni Quaranta, della penicillina, scoperta dall' inglese Alexander Fleming. Il
germe. Il Treponema pallidum, il "seminarium" fracastoriano della
sifilide, fu individuato nel 1905 dal tedesco Fritz R. Schaudinn, quando la
maggior parte dei batteri patogeni era gia' stata scoperta dai "cacciatori
di microbi" dell' Ottocento. Eppure, Schaudinn non venne creduto: la
Societa' medica di Berlino accolse con grida di protesta e di scherno la sua
comunicazione sull' esistenza del treponema. L' anno seguente un altro tedesco,
August von Wassermann, scopri' la reazione che porta il suo nome per la
diagnosi della malattia.
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